Diego Velázquez, il pittore di corte di Filippo IV a Madrid, fu un artista dalla straordinaria sensibilità meta-artistica, in grado cioè di riflettere sulla propria attività, di "parlare" della propria arte attraverso le sue stesse opere, di violare le regole dall'interno, destrutturare sperimentalmente il segno pittorico con una libertà impensabile per la sua epoca, e che sarà compresa fino in fondo solo dopo la rivoluzione impressionista. Per Montanari è come se il nome di Velázquez potesse battezzare un modo di sentire il genere del ritratto, cioè un modo di sentire l'individualità degli esseri umani e di imprigionarla in grumi di colore: una linea nel ritratto europeo. Nella seconda parte del volume, venti quadri dell'artista (presentati in ordine cronologico) sono accostati ad altrettante opere d'arte di autori anche relativamente lontani da Velázquez stesso. Ne risultano venti dittici particolarmente suggestivi per la possibilità di evidenziare analogie, assonanze o concomitanze stilistiche.