Federico Motta Editore propone la riedizione di "Pittura Senese", pietra miliare per gli studiosi di storia dell'arte, assente ormai da tempo dalle librerie.
Il volume ha segnato una tappa fondamentale per la completezza e accuratezza dei contenuti nella trattazione storica della pittura senese dalla metà del Duecento al Barocco; questa riedizione consente una rilettura e un aggiornamento bibliografico indispensabile in ambiti di studio in cui sempre più frequenti sono gli approfondimenti e le nuove acquisizioni.
La grande ricchezza economica della Siena medievale, conseguita grazie alle capacità imprenditoriali dei suoi mercanti e dei suoi banchieri che durante il XII e il XIII secolo operarono nelle Fiandre, in Francia, in Inghilterra, conobbe un progressivo declino a partire dall' inizio del Trecento. Eppure il grande sviluppo dell' arte senese, soprattutto della pittura e dell'oreficeria, ha inizio proprio a partire dalla fine del Duecento, quando comparvero le opere giovanili del grande Duccio di Buoninsegna, che riuscì a innestare sulle più fulgide conquiste del mondo bizantino le novità più vive del gotico occidentale.
Accadde allora e soprattutto all'inizio del Trecento, con lo stesso Duccio, con Simone Martini, con Pietro e Ambrogio Lorenzetti, che l'arte senese raggiungesse il periodo del suo massimo splendore, quando i pittori della città toscana erano celebri nell'intera Europa, e le corti più prestigiose si contendevano la loro preziosa attività.
Se fu questo, senza dubbio, il momento d'oro della cultura pittorica senese, anche più tardi si registrarono fasi di straordinaria intensità e altezza di risultati.
Basti pensare al Rinascimento "umbratile" del Sassetta e di Domenico di Bartolo, o all'epoca in cui visse quel genio versatile e polimorfo che fu Francesco di Giorgio Martini. In seguito, nella prima metà del Cinquecento, artisti come Baldassarre Peruzzi, Sodoma, Domenico Beccafumi furono pienamente partecipi dei grandi fatti figurativi romani, scaturiti soprattutto dall'opera di Raffaello.
E la loro produzione pittorica risultò una geniale variante locale del vasto fenomeno della "maniera" italiana. Francesco Vanni e Ventura Salimbeni, nella seconda metà del Cinquecento, interpretarono invece nel modo più alto e originale l'influenza di Federico Barocci, e si espressero con una sensibilità cromatica caratteristica per i suoi magici cangiantismi. Dalla pittura astratta e sofisticata dei tardomanieristi senesi prese le mosse anche Rutilio Manetti, che procedette poi a una radicale conversione del suo linguaggio pittorico in senso caravaggesco. Mentre alla metà del Seicento le tele di Bernardino Mei, dipinte per le chiese e le quadrerie private di Siena e di Roma, mostrarono la sua piena adesione alle forme esuberanti del nuovo stile barocco.
L'originalità di questa straordinaria tradizione pittorica non va mai intesa, in ogni caso, come produzione locale senza rapporti con le culture esterne, ma, al contrario, anche come capacità di assimilare e mediare le esperienze artistiche provenienti dai centri vicini. Dalla cultura della Firenze di Cimabue e di Giotto, a quella rinascimentale di Donatello e Masaccio, dalla civiltà prospettica urbinate al linguaggio peruginesco, dall'esemplarità di Raffaello e di Michelangelo alla cinquecentesca cultura antiquaria, per giungere al naturalismo e al classicismo settecenteschi, è infatti un continuo e proficuo travaso di esperienze che raggiungono la città, senza che il profilo dell'arte prodotta a Siena venga alterato, in modo radicale.
Accostando le tessere di questo variegato mosaico, fatto di scambi e interazioni culturali, si è cercato, dunque, di comporre un quadro d'insieme della pittura senese lungo un corso coerente e non schematico, che tenesse conto soprattutto degli studi che negli ultimi decenni sono stati a essa dedicati. Molti di questi lavori, resi noti al pubblico sotto forma di saggi in riviste specialistiche e soprattutto nei cataloghi di mostre, hanno formato una solida base di carattere filologico che necessitava di uno sguardo d'insieme.
Nell'analizzare concretamente le opere d'arte, oltre ai caratteri stilistici, che restano di interesse primario, sono stati presi in considerazione anche i fattori storici, sociali, mediante l'attenzione alle committenze, alle istituzioni, ai fenomeni di permanenza o di spostamento degli artisti. Una sintesi in cui la storia della produzione figurativa aderisce adeguatamente alla storia della città.