L'argomento del nudo e del corpo illustrato attraverso un'ampia selezione di fotografie di Dino Pedriali che spaziano dalla metà degli anni Settanta ad oggi, passando in rassegna l'intera carriera di Pedriali: dalle prime scene di genere sulla spiaggia di Ostia ai ritratti di giovani drogati, ragazzi di strada e ragazzi di vita di Roma, dai documenti sugli artisti dedicati a icone pop quali George Segal e Andy Warhol e dalle fotografie messe in scena ai nudi degli anni Ottanta, ispirati alla lezione della pittura antica, e infine, fino a oggi, ai ritratti dei protagonisti della cultura italiana.
Come scrive il curatore Peter Weiermair nel suo saggio Man Ray, che ha introdotto realmente il nudo nella fotografia, sottolinea il ruolo centrale della luce, che per Pedriali diventa il fattore decisivo nella fotografia in bianco e nero. Perché è la luce a produrre i corpi che, usciti dall'oscurità della notte, entrano in essa.
Se è vero che il carattere di Dino Pedriali, il suo temperamento collerico, lo accomunano a Caravaggio, un legame ancora più forte fra i due è dato dall'estetica della luce. Pedriali è il Caravaggio della fotografia del Novecento. Come Caravaggio prendeva i suoi modelli dalla strada e li nobilitava nei suoi quadri, ostentando la loro bellezza lasciva in vesti mitologiche o bibliche (giovani amori o apostoli senescenti), e strappando loro i vestiti dal corpo, così anche Pedriali spoglia i suoi modelli proletari mostrandone la forza, l'orgoglio, la muta coscienza di sé.