E' in libreria il quinto volume di VeneziAltrove, la ricerca voluta dalla Fondazione Venezia 2000 su quanto, d'arte e cultura, ha lasciato nei secoli la Serenissima. Nelle sue 150 pagine bilingui, in italiano ed inglese, corredate da oltre 100 immagini a colori, svela, tra l'altro, il destino di un capolavoro di Tiziano, l'Ecce Homo già in collezione Barbarigo della Terrazza, acquistato nel 1850 dallo Zar, e che si credeva perduto (ne aveva parlato Augusto Gentili, cinque anni fa, proprio nel primo numero di VeneziAltrove): è nei depositi del Museo Puskin, a Mosca, dopo aver subito, 50 anni or sono, un atto di vandalismo ed un furto; Irina Artemieva denuncia inoltre che dei 106 dipinti Barbarigo, molti finiti in Russia, tra cui 20 Tiziano (anche gli ultimi, rimasti nell'atelier alla sua morte), almeno tre quarti sono oggi dispersi. Non meno interessanti gli altri articoli: Irene Favaretto, prorettore dell'Università di Padova, valuta che, dei tesori archeologici collezionati a Venezia e provenienti dall'Asia Minore, dalla Grecia e da Roma, in città non ne sia rimasto nemmeno il 10 per cento; Rosella Lauber scopre come la Serenissima s'è lasciata a suo tempo sfuggire un capolavoro di Mantegna, uno degli ultimi, ancora nello studio alla sua morte, L'introduzione del culto di Cibele a Roma, finito alla National Gallery di Londra.
VeneziAltrove 2006, raccontando le importanti mostre di Washington e Vienna dedicate alla grande stagione pittorica di Venezia all'inizio del Cinquecento, esamina come sia possibile illustrarla anche prescindendo pressoché totalmente dalle opere (mobili) rimaste in Laguna, mentre Stefania Mason illustra il progetto, ormai avviato con il contributo della Fondazione di Venezia, per un "indice delle provenienze" veneziano, che studi in profondità il fenomeno del collezionismo. Augusto Gentili si dedica ad un Ritratto di giovane, attribuito a Giorgione, che ha compiuto un singolare viaggio di andata e ritorno tra Venezia e New York, e Sandro Cappelletto racconta la riscoperta, a tre secoli esatti dalla morte, di Baldassare Galuppi, i cui spartiti, a lungo rimasti nell'oblio, sono a Torino, a San Pietroburgo, e in tante altre città. Insomma, nuove indagini su una "diaspora" che Giuseppe De Rita, nela sua prefazione, giudica "non un'insensata dispersione, bensì un fenomeno ancora tutto da studiare"