Tino di Camaino nacque a Siena presumibilmente intorno al 1280 - 1285.
Figlio dello scultore e architetto Camaino di Crescentino, si formò alla scuola di Giovanni Pisano, che seguì a Pisa al momento del suo trasferimento.
Qui, Tino, divenuto in breve personaggio di spicco, nonché capomastro dell'Opera del Duomo, realizzò il monumento funebre all'imperatore Arrigo VII. Non appena ultimata l'imponente sepoltura, lo scultore fuggì per unirsi ai guelfi senesi e prendere parte alla battaglia di Montecatini, che avrebbe segnato la vittoria di questa fazione a scapito dei ghibellini.
Da quel momento, la sua carriera mosse in costante ascesa. Nuovamente Siena, e poi Firenze, San Gimignano, Volterra, Napoli: sono queste le tappe principali della geografia degli spostamenti del maestro toscano, ritenuto dai contemporanei uno fra i più accreditati esecutori di monumenti funebri.
A lui devono ricondursi il sepolcro di Riccardo Petroni nel Duomo di Siena, quelli altrettanto complessi di Gastone della Torre e Antonio degli Orsi, rispettivamente in Santa Croce e Santa Maria del Fiore a Firenze, nonché le tombe monumentali degli esponenti della casa d'Angiò in quel di Napoli (Caterina d'Austria, Maria d'Ungheria, Maria di Valois e Carlo di Calabria, per citare solo le più importanti).
La permanenza nella città partenopea, dove si era trasferito nel 1323, consacra il ruolo di grande preponderanza avuto dal maestro nelle vicende artistiche dei primi trent'anni del XIV secolo. "Sponsorizzato" dalla casata regnante, che ne fece il proprio punto di riferimento in ogni questione artistica, Tino di Camaino, coadiuvato anche da una cospicua bottega, fu scultore, architetto ed ingegnere, sovrintendendo per conto degli Angiò alle principali iniziative costruttive ed ornamentali.
Fra i momenti più felici della produzione campana sono anche i rilievi eseguiti per l'abbazia di Santa Trinita a Cava dei Tirreni, per mezzo dei quali l'autore mostra, fin in fase tarda, le proprie straordinarie capacità di aggiornamento e di rinnovamento. Morì a Napoli nel 1337.
Da tempo si sentiva la necessità di una nuova monografia su Tino di Camaino.
Oggi, finalmente, questo vuoto viene colmato dalla pubblicazione di un imponente volume, mirante a raccogliere in un unico, esaustivo strumento di studio tutte le numerose acquisizioni fiorite attorno allo scultore nel corso degli ultimi decenni.
Dopo che Carli e Valentiner, alla metà degli anni Trenta del XX secolo, avevano segnato la definitiva rinascita critica del grande maestro toscano con due monografie, pubblicate a distanza di un solo anno l'una dall'altra, l'interesse intorno a Tino di Camaino è cresciuto costantemente, consentendo di meglio determinarne la qualità ed ampliandone il catalogo con continue, importanti acquisizioni.
Divisa in grandi capitoli, che seguono il percorso artistico e geografico dello scultore, questa nuova monografia renderà conto dell'evoluzione del maestro e offrirà un panorama completo della sua attività, prendendo in esame ogni singola opera e coniugando i risultati delle precedenti ricerche con nuove acquisizioni filologiche e documentarie, fondamentali ai fini di una valutazione critica quanto più possibile completa.
La fase della formazione, gli anni toscani e l'attività napoletana saranno, quindi, il filo conduttore di un "racconto" ricco di precisazioni e di novità, entro la cui trama narrativa verranno indagati i rapporti con gli altri autori contemporanei: si dirà della formazione presso Giovanni Pisano, della consequenzialità culturale con tutta la corrente di impronta pisano-arnolfiana, nonché si parlerà del legame che a tratti ne assimila le straordinarie capacità innovative alle stupefacenti prove di Giotto, di Simone Martini e dei Lorenzetti.
Il testo, fornito di un corredo fotografico di oltre quattrocento immagini, è coadiuvato da corposi apparati, grazie ai quali il lettore potrà accedere direttamente alle conoscenza di ogni singola opera e delle fonti archivistiche .
Fra i documenti, tutti rigorosamente in versione integrale, sono stati inseriti anche i molti atti inerenti a Camaino di Crescentino, padre di Tino, e anch'egli scultore, nonché maestro del figlio prima che questi passasse alla bottega di Giovanni. A lui, enigmatica figura del panorama artistico senese a fra XIII e XIV secolo, all'interno del volume sono state dedicate alcune pagine, in ordine ad una più articolata messa a punto della sua inafferrabile attività di architetto e maestro della pietra.