"... consideriamo ora il teatro. Anche ad esso, e non solo ai suoi edifici, il tempo ha infetto le sue cicatrici. Penso alla sua espressione suprema, la tragedia antica... Il ritmo, la prosodia..., il coro, la danza, la musica, il linguaggio... ovvero tutto ciò che così tanto adeguiamo al cosiddetto 'spirito del tempo', era tutto ciò che allora rendeva un sol corpo la sacra festa dionisiaca e il suo pulsare, che permeava tutto l'insieme: l'intero teatro, spettatori ed attori... Devo confessare che i migliori istanti della tragedia antica che ho vissuto... sono stati quelli trascorsi nelle cavee vuote dei teatri: una settimana presso il teatro dì Epidauro... ". Cosi ebbe ad esprimersi il Premio Nobel Giorgio Seferis nel suo ultimo saggio del 1971.
Effettivamente il teatro antico, quello greco e romano, è uno specchio della cultura letteraria ed umanistica dell'Occidente. I teatri furono luoghi di aggregazione sociale, di diffusione di ideologie politiche, ma anche il luogo di catarsi individuale, dove si rappresentavano i massimi sentimenti dell'uomo: la gioia ed il dolore. Non a caso il teatro era dedicato ad una divinità, Dioniso, e le rappresentazioni avvenivano in occasioni di feste religiose. È stato detto dai drammaturghi moderni che non esistono sentimenti dell'uomo che non abbiano già trovato espressione nella commedia e nella tragedia greca. Alla varietà delle situazioni rappresentate sulla scena si contrappone la staticità tipologica degli edifici in quanto tali. Cambiano però le decorazioni e soprattutto gli scenari naturali.