Impregnata di 'cultura' nel senso più lato l'opera di Peter Eisenman trasuda l'imponente mole di lavoro condotta da decenni sul significato e il senso della progettazione ai nostri giorni.
Architettura intesa come Storia, come Filosofia, come Arte, come Matematica, come Letteratura, Architettura intesa - come dovrebbe appunto - come rigore di una disciplina che intende riappropriarsi dei propri ambiti operativi, delimitando con estremo rigore i limiti e le possibilità di una professione in continuo confronto con sistemi visivi e apparati tecnologici destabilizzanti.
Nella Storia e fuori della Storia proprio per continuarla, nella Tradizione e fuori della Tradizione per non isterilirsi, l'architettura di Peter Eisenman non intende confortare con la semplice suggestione di un'estetica difficilmente definibile o l'illusione di una tecnica evanescente. E paradossalmente con entrambe. L'imprevedibilità della sua progettazione àncora la progettazione alla individuazione e alla chiarificazione dei propri obiettivi puntualizzando il valore del segno inteso come fondamentale espressione concettuale e non semplice mistificazione formale.
La validità di questo formidabile apparato teorico finalizzato a riportare nei territori dell'architettura un rinnovato e personale sistema linguistico è confermata dal confronto con un sistema territoriale sempre più esteso, come stanno a testimoniare i progetti a scala territoriale del Memorial di Berlino e del Centro Culturale della Galizia, ultimi in ordine di tempo a testimoniare la vitalità di un sistema progettuale in continuo autorinnovamento.