Le numerose indagini archeologiche condotte in maniera coordinata ormai da più di un decennio a Populonia, partendo dall'acropoli fino ad arrivare al golfo di Baratti e al territorio circostante, hanno riportato in luce un'ingente quantità di materiali databili a partire dall'epoca villanoviana fino al medioevo. I reperti provengono da zone molto diverse del sito di Populonia: dall'acropoli, dove sorgeva l'abitato antico, dal cosiddetto quartiere artigianale alle spalle dell'insediamento portuale di Baratti e dalle necropoli. Il panorama che le ceramiche consentono di delineare fin d'ora è di estremo interesse per la varietà dei materiali rappresentati. La posizione geografica della città, al centro delle rotte marittime del Mediterraneo occidentale, e soprattutto il suo ruolo di luogo di lavorazione e commercializzazione del ferro dell'isola d'Elba e delle altre materie prime del distretto minerario del Campigliese, fin da età arcaica inserirono infatti Populonia all'interno di una rete complessa di traffici marittimi, che avevano i loro terminali tanto nel Mediterraneo orientale quanto in quello occidentale, facendone al contempo anche il centro di smistamento delle merci e delle derrate che arrivavano via mare verso le regioni interne dell'Etruria. Lo sfruttamento delle cospicue risorse minerarie, la coltivazione del sale, la coltura del vino e le produzioni manifatturiere garantirono lo sviluppo di un'economia vivace e ben inserita nell'ambito delle rotte tirreniche.
La presenza a Populonia di manufatti provenienti praticamente da tutte le regioni che si affacciano sul Mediterraneo, sia dalla Sardegna e dalla Corsica, sia da quelle di tradizione greco-orientale, oltre che dall'area punica e dalle altre regioni della penisola, offre infatti un campionario completo per determinare l'origine, spesso remota, delle linee commerciali che avevano termine sulle banchine del porto di Baratti, dove le navi scaricavano le loro merci per caricare i preziosi lingotti di ferro e degli altri metalli estratti nel Campigliese.
Il tema della produzione del ferro nell'Etruria centrale costiera (affrontato nella seconda parte del volume) è ancora dibattuto; in questa sede viene trattato da vari punti di vista (contributi di Acconcia, Milletti; Acconcia, Cambi; Benvenuti, Chiarantini). La frammentazione disciplinare, talvolta eccessiva, degli approcci fin qui seguiti, ha portato a scavare veri e propri fossati fra archeologi da un lato e studiosi di scienze naturali dall'altro. Il dibattito, anche metodologico, è stato molto più intenso in ambito medievistico, grazie, soprattutto, alle ricerche dirette e implementate da R. Francovich nei distretti di Campiglia e delle Colline Metallifere che presso gli antichisti. Il fortunato esito del rapporto archeologia medievale-archeologia mineraria-archeometallurgia è dovuto al ristabilimento di un contatto aperto e multidisciplinare con le scienze della terra e alla stagione di intense attività di valorizzazione dei siti archeominerari (progettazione dei parchi di San Silvestro e di Baratti). Oggi, grazie anche a collaborazioni sempre più strette e organiche fra istituzioni di ricerca (a quelle finora ricordate si sono aggiunti la Scuola Normale Superiore di Pisa, il CNR di Pisa) la ricerca, anche per le fasi classiche, si può definire a buon punto.
Il caso di Populonia ci appare esemplare nella ricerca italiana per la partecipazione di tanti enti in un solo luogo, che permette il confronto tra i tanti studenti, allievi, collaboratori delle nostre cattedre universitarie e della Soprintendenza. Questa pubblicazione ne è una dimostrazione.