A quarant'anni dalla scomparsa di Mario Mafai e a distanza di quattro decenni circa dall'ultima esposizione "istituzionale" a lui dedicata (Ente Premi Roma a Palazzo Barberini, 1969), questa monografia - catalogo della grande mostra antologica di Palazzo Venezia, luogo assai amato dall'artista, che ne frequentava negli anni giovanili la biblioteca in compagnia dell'amico Scipione - propone una ricostruzione fedele del mondo di Mafai, dei suoi importanti sodalizi intellettuali e artistici, del clima storico in cui egli operò e fu protagonista.
Una calma febbre di colori, che si rifà a una frase di Libero de Libero, poeta e critico d'arte, che così in un suo testo del 1930 ne definisce la pittura di Mafai, documenta l'intero arco dell'attività dell'artista - dall'inizio degli anni Venti al 1965, anno della sua morte - ricostruendo le fasi più significative della sua produzione attraverso una selezione di circa ottanta opere, considerate suoi capolavori, provenienti da musei e collezioni private. Tra le opere principali spiccano Lezione di piano, dipinto premiato alla Quadriennale del '35, dove l'artista ebbe una sala personale; Modelli nello studio, Premio Bergamo nel 1940; il ciclo delle Fantasie esposte subito dopo la liberazione di Roma nella mostra "Arte contro la barbarie"; le opere già esposte nella sala personale alla Biennale del '48 e del '58, quelle in mostra alla galleria "La Cometa" (alla fine degli anni '30) e a "La Tartaruga" ('57 e '59) dove appare chiaro il distacco dalla pura figurazione alla ricerca di una nuova vibrante espressività affidata al colore, ai valori esclusivi della pittura, fino ai segni astratti delle corde nei dipinti esposti a "L'Attico" nel 1964.
Questa ricostruzione storica del lavoro di Mafai, attraverso le opere più importanti e le esposizioni più significative cui ha partecipato, permette al lettore di collocarlo in un contesto internazionale, superando definitivamente una visione limitativa che ne ha fatto, attraverso una critica a volte superficiale, un artista di ambito strettamente romano, pur riconoscendo al tempo stesso il grande contributo alla cultura e all'immagine della Città. Certamente la storia personale di Mafai è profondamente legata a Roma, dal sodalizio con Scipione e Antonietta Raphaël che alla fine degli anni Venti costituì quella che Roberto Longhi chiamò la "Scuola di via Cavour", ai suoi rapporti con i letterati, alle tante, straordinarie rappresentazioni della città, di cui ha saputo fissare anche (con le Demolizioni) gli interventi e le lacerazioni nel tessuto urbano. Quindi, la città storica e la città che si andava trasformando, il dramma della guerra, la Roma dei tetti, delle vedute intense, luminose, dei mercati, delle suggestioni poetiche e umane che la città poteva offrire.