La mostra rende omaggio alla figura e all'opera di Luigi Spazzapan (1889-1958), artista di estrazione mitteleuropea che giunse a Torino nel 1928 e che a Torino sviluppò la sua ricerca pittorica lungo l'arco di un trentennio.
Spazzapan nacque a Gradisca d'Isonzo, cittadina slovena a quel tempo inserita nell'Impero austro-ungarico, e seguì studi tecnici nella città di Gorizia, dimostrando interesse e predisposizione per il disegno. Alla conclusione della Prima Guerra Mondiale, cui aveva partecipato nelle file dell'esercito austro-ungarico, iniziò a frequentare i circoli artistici goriziani e si accostò al Movimento Futurista Giuliano. Risalgono a questa fase disegni e sculture improntate al gusto della caricatura, ma anche i primi schemi decorativi astratti, che gli valsero un premio all'Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Parigi, nel 1925.
Anche il trasferimento a Torino è legato al progetto di un intervento decorativo destinato all'Esposizione di Architettura del 1928, cui partecipavano gli esponenti delle tendenze razionaliste, e tra questi l'architetto istriano Umberto Cuzzi. Fin dall'inizio gli anni torinesi furono caratterizzati da diffidenze e incomprensioni, ma anche dall'amicizia dei critici Lionello Venturi ed Edoardo Persico e degli esponenti del Gruppo dei Sei: Carlo Levi, Francesco Menzio ed Enrico Paulucci. Nei dipinti e nelle illustrazioni - destinate al "Selvaggio" e alla "Gazzetta del Popolo" - Spazzapan utilizzava un segno rapidissimo e icastico, capace di fissare, in pochi tocchi nervosi, luoghi, psicologie e atmosfere.
Tra il 1943 e il 1945 si rifugiò a Pinerolo, e al rientro a Torino trovò lo studio distrutto da un incendio che aveva cancellato migliaia di opere e schizzi, ma la volontà di rinascita lo portò a organizzare con Mattia Moreni e Umberto Mastroianni il Premio Torino che, nel 1947, propose una mostra dai contenuti innovativi e polemici. Il decennio finale della sua produzione è caratterizzato dalla compresenza di figurazione e astrazione, con l'apparire delle figure inquietanti e barocche dei Santoni e degli Eremiti da una parte, e l'infittirsi di schemi e tensioni geometriche dall'altra. Nel corso degli anni Cinquanta le composizioni astratte si sciolsero in direzione di una più fluida tessitura di segni e colori che, nel 1958, consentì a Michel Tapié di accostare il suo nome a quelli di Mark Tobey e Clyfford Still.
La mostra intende ripercorrere questa complessa vicenda attraverso un centinaio di opere - dipinti, sculture, disegni - provenienti da collezioni pubbliche e private, così da sottolineare l'attualità della tensione energetica presente nell'intero arco dell'opera di Spazzapan, sempre aliena da formalismi e retorica e attenta invece a registrare, senza bloccarli, flussi di intensità visiva ed emotiva