La mostra testimonia la portata europea e specificamente occidentale del fenomeno artistico dell'Impressionismo, nato in Francia dallo storico gruppo di artisti che si incontrava al caffè de Guerbois a Parigi, ma poi assimilato e interpretato dai pittori di tutta Europa. In particolare questa mostra, sulla scia di altri eventi che in varie parti del continente hanno approfondito le declinazione locali dell'Impressionismo, è dedicata alle opere e agli autori che in Italia, nel secondo Ottocento, possono essere inscritti in quella corrente rivoluzionaria e in quel tipico modo dipingere di getto, all'aria aperta, con piccoli tocchi sfumati e con una grande attenzione per i temi sociali e di attulità.
Corollario essenziale della tesi del curatore, Renato Barilli, è che l'Impressionismo sia stato un modo di lavoro, un processo creativo dalle infinite sfumature locali ed è per questo che la mostra e il catalogo che la rappresenta si dividono in capitoli regionali, con evidenti risvolti estetici (la varietà e differenza del paesaggio italiano), ma anche storici (le prime esperienze dell'Italia unita e della passione risorgimentale che l'ha generata).