Il Testamento di (Leon) Battista Alberti conservato presso la Biblioteca del Senato della Repubblica "Giovanni Spadolini", che qui si pubblica, si presenta ora in piena luce nella dimensione originale, smagliante nei colori della sua prima pagina ornata, delle sue lettere iniziali filigranate e ornate da lunghe code e nel fascino dei ritmi di un'antica ordinata scrittura. E sì che per oltre quattro secoli questo significativo documento (compresi atti successivi da questo originati) - da considerare quale estremo tassello documentale di una vita sensitiva e di una vicenda culturale di un protagonista dell'Umanesimo - è rimasto all'ombra, sigillato entro le "Costitutiones Collegij decem Clericorum (...)"! Da questa ombra lo trasse fuori Luigi Ferrari, che produsse una prima parziale trascrizione con un commento, inserendolo in una pubblicazione d'occasione; da ciò scaturì il saggio di Girolamo Mancini, il quale impostò le varie notizie che emergevano dai documenti contenuti nel Ms. verso percorsi a carattere prosopografico. Particolarmente esteso fu quello dedicato a Antonio Grassi, "uno degli esecutori testamentari, quello che tradì la pienissima fiducia in lui riposta" dall'Alberti, colui che sostituì i primi beneficiarî di casa Alberti e i giovani poveri con "ragazzi canterini". Altro tema su cui si sofferma il Mancini è quello relativo alle "dicerìe sul paganesimo di Battista" che confuta, riconoscendolo - a partire dalle sue "supreme volontà sebbene espresse da un notaro fedele alle formule abituali" e da più incisive argomentazioni - quale "cristiano credente".