Il grande tema del ritratto come simulacro dell'identità, dell'essenza interiore, indagato attraverso una selezione di 160 opere dai primi ritratti psicologici del Cinquecento nei quali l'individuo si affaccia al mondo fino al '900, secolo di Freud, nel quale la proiezione di incubi e sogni, l'interpretazione di ansie ed inquietudini mostrano la condizione dell'uomo: opere di maestri antichi come Lorenzo Lotto, Tiziano, Bartolomeo Passerotti, El Greco, Gian Lorenzo Bernini, Guercino, Ferdinand Voet, Fra' Galgario, Giacomo Ceruti, Vincenzo Vela, e di artisti del Novecento e contemporanei, fra cui Adolfo Wildt, Giorgio De Chirico, Felice Casorati, Oscar Ghiglia, Fausto Pirandello, Antonio Ligabue, Andy Warhol, Arturo Nathan, Enrico Colombotto Rosso, Gianfranco Ferroni, Tullio Pericoli, Maurizio Bottoni, Alessandro Kokocinski, Aron Demetz.
"Ritrarre" (dal latino re-trahere) significa "tirar fuori", ricavare con colori, marmo o altra materia, l'effige, il simulacro di un individuo. L'arte ha il potere di "simulare" cioè riprodurre e tenere vivi non solo la forma ma l'unicità interiore del soggetto ritratto, facendo affiorare il suo carattere, l'anima. Oltre l'aspetto fisico e i segni esteriori che ne indicano il ruolo sociale.
Il "ritratto interiore" si irradia grazie alla capacità dell'artista di far parlare - soprattutto attraverso lo sguardo - ansie, sussurri, cenni d'intesa, esitazioni, smorfie di dolore. L'immagine diventa allora così "verosimile" da rubare la vita ai viventi, in grado di commuovere e durare più della realtà.
Il volume, catalogo dell'esposizione ideata e curata da Vittorio Sgarbi, propone una galleria ideale, densa di figure e soprattutto sguardi, nella quale scorrono ritratti diversi per epoca e genere, in posa o naturali, celebrativi o allegorici, evocativi, paurosi, avvincenti, struggenti, paralizzanti, rasserenanti. In tutti si riconoscono non personaggi ma uomini, presenti e fragili con le loro debolezze. Voci distinte eppur vicine nel tempo dell'arte, che interrogano la vita o si preparano alla morte. Una teoria di figure intere, mezzi busti, corpi contorti o composti, ma soprattutto volti, la parte che subito attrae, nel ritratto come nella realtà, la curiosità e l'indagine di chi guarda. Nel volto, velo dell'anima, maschera e rifugio, è lo sguardo infine che apre la "porta del cuore", che consente il passaggio dall'esteriorità dell'esperienza all'intimità dell'essere.
Lo sguardo può "svelare" o suggellare per sempre.