Il rinvenimento di un apparato documentario del tutto inedito ha permesso di rivedere gran parte delle nozioni relative a Boboli e all'ambiente artistico fiorentino agli inizi del Seicento. Si può così datare correttamente la statua di Vulcano di Chiarissimo Fancelli e l'avvio del grande cantiere di scultura, insieme al complesso ciclo di opere, in parte di provenienza antiquaria, ora identificate e ricollocate nel programma iconografico originario, disperso dopo la morte del committente. Tra le scoperte più significative spicca l'apparato plastico dell'Isola di Venere, con la figura della dea, rinvenuta fortunosamente al pari di numerosi altri pezzi, di argomen-to pastorale e venatorio, di cui si ricostruiscono le originali ambientazioni e le vicende successive.
Nelle prime fasi costruttive si fondono gli interessi collezionistici di Cosimo II e le ricerche d'avanguardia, promosse in ambito letterario e scientifico, ma anche scambi con la cultura europea oltre a finalità politiche e religiose. Nella visione del principe domina il parallelo con Lorenzo il Magnifico e, come nel Giardino di San Marco, l'esecuzione delle opere sarà affidata a una generazione di giovani scultori, aprendo uno spaccato sul trattamento professionale nella società del tempo, nonché sui debiti formativi verso le innovazioni stilistiche maturate in quel periodo a Ro.