Sandro Gioli ha sempre fatto architettura con l'arte e arte con l'architettura [] Pur senza un programma preindicato e perseguito, il suo poetico silenzioso percorso artistico e la geometria generativa delle sue 'composizioni', si fanno verosimilmente 'metafisiche': se per metafisica intendiamo quella particolare dimensione onirica che introduce a perturbanti vuoti, e rarefazioni nelle vaste scenografie architettoniche. Così fu per Savinio, per De Chirico e per Carrà: così è, a ben pensarci, per le opere grafiche di Gioli, negli ultimi anni. Metafora e sogno, componenti essenziali della trasposizione della realtà si fanno materia lirica, quasi pagine di un virtuale 'Trattato' di architettura neo-metafisica che altri non hanno ancora fatto. E in quelle pagine immaginate possiamo ritrovare il suo credo (la sua poetica): «ogni disegno ha una sua storia invisibile, un recinto privato che altri vorranno violare, capire, negare o esaltare». Disegni e tavole ov'è depositata la gioia ordinata, erudita, che intriga e si fa leggere, che bussa al satellite della memoria, che evoca viaggi, landscape, forme, materiali, simmetrie, prospettive rinascimentali e suggestioni alla Escher, cipressi dell'Angelico, torri medievali e panopticon, agorà celesti e condomìni improbabili, disegni pavimentali e geometrie di Paolo Uccello. [] Si può obiettare che queste icone di Gioli sono spazi senza 'umani', senza tracce di vita. È vero, ma è bene che sia così: dopo la decostruzione civile e culturale degli ultimi decenni, da dove ricominciare se non da quel 'teatro del mondo' che è , appunto, lo spazio, lo scenario di base ove ricollocare e riassettare la prossima 'vita di relazione'? In questo senso le opere d'arte di Gioli funzionano da acceleratore, da incubatore di riorganizzazione urbana, in un contesto architettonico che si postula nuovamente e urgentemente qualificato. E di questa 'spinta' civile (oltre che artistica) dobbiamo essergli grati. (Francesco Gurrieri)