Un interprete originale della dialettica fra tradizione e innovazione, nell'architettura italiana tra le due guerre
Camillo Guerra opera a Napoli e in Italia meridionale a partire dagli anni Venti. L'opera giovanile, improntata a ibridazioni dal passato (Palazzo dei Telefoni al rione Amedeo, 1920-24; Palazzo di Città a Salerno, 1928-29) approda, negli anni Trenta, all'adesione al linguaggio modernista, nella corrente di quell'Arte di Stato cara alla cultura imperiale del Fascismo (concorso per la nuova Stazione Marittima napoletana, 1933; per il Palazzo del Littorio in via dell'Impero a Roma, 1934).
Motivi della grande architettura del passato vengono in seguito trasformati in citazioni astratte, dove il gioco dei materiali e dei contrasti sostituisce la plasticità dell'ornamento (Manifatture cotoniere Meridionali, 1938; Casa del Mutilato a Rione Carità, 1938-40).
Alla fine degli anni Quaranta Guerra si dedicherà con fervore alla progettazione urbanistica, anche come Assessore ai Lavori Pubblici per il Comune di Napoli; carica infine abbandonata all'avvento dell'amministrazione laurina.