Pubblicata nel trentennale della morte di Corrado Cagli, la monografia che accompagna la grande mostra antologica, organizzata dalla provincia di Ancona in collaborazione con l'Archivio Cagli, presenta circa duecento dipinti oltre a un cospicuo insieme di disegni, sculture, ceramiche, illustrazioni, bozzetti teatrali e arazzi, per un totale di circa quattrocento opere.
Curata da Fabio Benzi, questa pubblicazione presenta, per la prima volta nella sua interezza, la vasta attività creativa di Cagli, illustrando il ruolo di protagonista che rivestì in oltre mezzo secolo di dibattito artistico italiano e internazionale.
Originale creatore di maioliche di gusto straordinariamente moderno nella sua prima giovinezza (applicando un linearismo déco consapevole dell'estetica internazionale, con echi persino picassiani), egli fu tra i promotori del muralismo italiano (parallelamente a Sironi) ed esordì come pittore nel gruppo iniziale della "Scuola Romana" (con Capogrossi e Cavalli), alle cui ideologie contribuì sostanzialmente e le cui opere sono tra le più significative di questo movimento, che deve considerarsi la più importante esperienza artistica italiana degli anni Trenta. Nipote di Bontempelli, elaborò e diffuse i principi del "primordialismo" che tanta presa ebbero sulla cultura italiana del decennio, prolungandosi fino agli anni Cinquanta.
In seguito alle leggi razziali emigrò prima in Francia e poi negli Stati Uniti, tornando in Italia con le truppe alleate di Liberazione. Nel contesto italiano del dopoguerra, egli rappresentò un nodo centrale per la tendenza astratta che caratterizzò le svolte estetiche di quegli anni, elaborando opere di grande originalità e teorizzando un prolungamento del "primordio" che influenzò ad esempio la svolta astratta di Capogrossi.
Dopo una fase puramente astratta, Cagli recuperò originalmente l'espressione figurativa, favorito anche da un'abilità tecnica stupefacente, alternando senza soluzione di continuità entrambe le ricerche. Questo apparente eclettismo, che antepone l'estro e il genio pittorico all'assolutismo ideologico che caratterizzava le scelte di campo di quegli anni postbellici, fu uno dei motivi che, al di là del successo straordinario conseguito in vita, ha contribuito in seguito a collocare criticamente la sua figura in una zona umbratile e poco definita dell'arte europea. La rilettura attuale, dopo le esperienze analoghe di tanta arte contemporanea, lo rivela invece in un ruolo di anticipatore, di antesignano della libertà espressiva post-avanguardista.