Negli ultimi decenni il catalogo della scultura lignea italiana s'è enormemente allargato grazie all' interesse che, anche nel nostro paese, è stato finalmente assegnato a questi manufatti. Nella riscoperta e nella valorizzazione della scultura policroma le mostre ebbero fin dall'inizio un ruolo fondamentale e di conseguenza acquisì grande importanza anche il restauro, indispensabile per presentare le opere ad un pubblico di "non specialisti". Tali sculture infatti, a causa del valore prevalentemente liturgico che venne loro assegnato nel corso dei secoli, presentano spesso profonde alterazioni che ne hanno modificato il valore estetico e talvolta perfino l'iconografia. Questi interventi, eseguiti spesso da artisti di mediocre livello, hanno fatto sì che in Italia, salvo rare eccezioni, la scultura lignea venisse sostanzialmente esclusa dagli studi storico-artistici fino al secondo dopoguerra, rallentando di conseguenza anche la messa a punto di criteri e metodi di restauro specifici per tali manufatti. Al raffinato dibattito che si sviluppò sul restauro dei dipinti, non corrispose infatti un' analogo approfondimento sul restauro della scultura policroma, anzi Cesare Brandi, padre della teoria del restauro, trascurò completamente queste opere che probabilmente anch' egli relegava fra le espressioni minori della produzione artistica italiana.
Nei paesi del centro Europa invece, dove la scultura lignea venne studiata a partire dal XIX secolo, studiosi come Thomas Brachert e Paul Philippot affrontarono i problemi posti dal restauro della scultura policroma già negli anni Settanta del Novecento. Non è un caso dunque che siano stati proprio i tedeschi a chiedermi di esaminare il problema del restauro della scultura lignea nell'ambito del convegno organizzato dall' ICOMOS nel 2003 a Monaco di Baviera . In tale occasione constatai con stupore che, in Italia, pur essendoci ormai una casistica estremamente vasta ed interessante, nessuno aveva ancora affrontato sistematicamente i criteri ed i metodi adottati nel restauro della scultura lignea .
Questo libro di Alessandra Frosini risulta dunque estremamente interessante ed utile anche perché il tema prescelto, cioè il restauro della scultura lignea toscana, porta inevitabilmente l'autrice ad affrontare problemi più generali dal momento che alcuni di questi interventi implicano una totale revisione dei criteri di restauro.
La Frosini, sottolinea giustamente l' estrema disparità fra i restauri presentati nelle esposizioni di scultura lignea che si susseguirono a partire dalla mostra di Siena del 1987, dove peraltro gli interventi di restauro, condotti con grande prudenza e guidati dal giusto rispetto per le eventuali stesure successive (quando la policromia originaria risultava troppo frammentaria), appaiono ancor oggi condivisibili. Bisogna tuttavia rilevare che le opere della mostra di Siena non si presentavano quasi mai nel disastroso stato di conservazione in cui versavano molte sculture esposte alla mostra di Lucca del 1996. E' proprio su alcuni restauri di quest'esposizione e della successiva mostra di Pisa, che s'appuntano le maggiori critiche della Frosini, condivise peraltro da molti storici dell' arte e restauratori .