Il Palazzo della Civiltà Italiana è uno degli edifici più rappresentativi dell'architettura italiana della fine degli anni Trenta. Il palazzo fu progettato e costruito nell'ambito della grande Esposizione Universale prevista per il 1942 con il ruolo di simbolo, da una parte, del primato della civiltà italiana e, dall'altra, dello stile del regime fascista. L'edificio che doveva ospitare la mostra permanente della civiltà italiana doveva svolgere la funzione di faro di riferimento per l'intero programma espositivo: non a caso l'area a esso destinata dal piano è sulla sommità di un'altura che si affaccia sulla vallata del Tevere. Al concorso, bandito il 15 luglio 1937, viene premiato tra i cinquantatré partecipanti il progetto degli architetti Giovanni Guerrini, Ernesto La Padula, Mario Romano.
L'idea è quella di un grande cubo di oltre sessanta metri di lato con le facciate traforate da un unico elemento, l'arco a tutto sesto, ripetuto indifferenziatamente, collocato su un ampio stilobate e scavato da un profondo vuoto centrale. La scelta dell'arco a tutto sesto non è certo casuale: è, da un lato, emblema dell'architettura classica romana, e dall'altro, in quanto principio fondamentale della tradizione muraria, sistema autarchico per eccellenza. L'immagine risultante è quella tipica del moderno italiano: un edificio ibrido in cui la spessa massa muraria, che determina con forza l'immagine architettonica, nasconde lo scheletro di cemento armato indispensabile per ottenere grandi luci. Tutti i piani, ad eccezione del primo che ospita un atrio d'onore, una sorta di luogo sacro, sono completamente liberi per consentire l'allestimento della mostra. Innovativo il sistema distributivo, che prevede che i visitatori, attraversato l'atrio, raggiungano in ascensore l'ultimo piano, punto di inizio della visita, e che scendano via via ai piani inferiori tramite una rampa a lieve pendenza con ampia vista sulla valle del Tevere. Il progetto, su suggerimento della commissione giudicatrice prima, e su pressione degli uffici tecnici dell'ente poi, subisce una serie di modifiche e varianti.
Al momento della sospensione dei lavori nel 1943, a causa degli eventi bellici, l'edificio risulta praticamente completato anche se i grandi saloni appaiono vuoti per il mancato allestimento della mostra, già peraltro progettato. Successivamente l'edificio, come l'intera area dell'Eur, viene abbandonato e subisce le occupazioni, prima dei tedeschi, poi degli alleati e infine degli sfollati. Dopo la guerra, superate le ipotesi di utilizzazione come biblioteca nazionale o museo della tecnica, il palazzo (ormai denominato "Palazzo della Civiltà Italiana e del Lavoro") viene chiamato a rispondere, per la prima, ma anche ultima volta, alla sua vocazione originaria: è infatti sede della mostra EA53 nell'ambito dell'Esposizione Internazionale dell'Agricoltura, iniziativa con cui si tenta il rilancio dell'intero quartiere. Ma il tentativo resta isolato e l'edificio viene successivamente destinato ad accogliere in parte gli uffici della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro e in parte alcuni servizi dell'Aeronautica Militare.
A metà degli anni Ottanta il palazzo, quasi completamente liberato, torna in possesso dell'Eur spa e da allora attende, muto e paziente, una nuova destinazione. La ricerca effettuata in occasione della presente pubblicazione ha offerto l'opportunità di ripercorre i circa sessanta anni di vita del palazzo. Lo studio è stato condotto attraverso l'esame dei materiali di archivio (disegni, documenti, fotografie) e la contemporanea analisi diretta dell'edificio svolta mediante il rilievo costruttivo e il ridisegno delle parti architettonicamente più significative. è stato così possibile, da una parte, ordinare le complesse fasi del progetto, delineando il ruolo di tutti i protagonisti, dall'altra indagare puntualmente sulle soluzioni costruttive e tecniche adottate in uno dei cantieri romani esemplari della fase più drastica dell'autarchia. è stata infine svolta un'indagine sullo stato di conservazione, presupposto essenziale per i futuri interventi che dovrebbero trasformare il palazzo, secondo un progetto congiunto di Eur spa e Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in museo dell'audiovisivo.