La sua produzione di quadri di piccolo formato faceva riferimento ad un rinato Classicismo nelle forme e soprattutto nei contenuti: fu poi la rinascita di questo gusto con il manuale di Iconologia di Cesare Ripa a proiettare il veneziano Carpioni, naturalizzato vicentino, nella sfera di una pittura che faceva appello a particolari allegorie di una tradizione un po' desueta e certamente di preziosa ricercatezza e di mistero.
Fu pittore scanzonato e dissacrante nei contenuti, dipingendo in tele di piccolo formato sogni allucinati di baccanali mitologici e scherzi di putti, dimostrando di saper coniugare in visioni lucide il suo estro e la sua bizzarria, qualità che lo rendevano un artista assai richiesto dai committenti dell'epoca. Ma accanto a questa sua vena di ironia visione del mondo e di denuncia dei suoi mali più profondi, Carpioni alternava la sua particolare propensione per la produzione sacra con uno stile che si adattava ad una dimensione religiosa non certo aulica e pomposa, ma resa umana e vicina alla semplicità del popolo. Chiese, palazzi, dimore di campagna: questi i luoghi della carriera artistica del pittore, che sgominò la concorrenza di un veterano del pennello, qual era appunto il ben noto Francesco Maffei, costretto a spostarsi a Padova per carenza di commissioni.