Il libro, frutto di un lungo confronto tra i due autori, vuole offrire una lettura complessiva delle Vite vasariane. Esamina con novità di prospettive alcuni temi tipici della critica vasariana (le vicende compositive ed editoriali delle due edizioni delle Vite, la visione della storia su cui si fondano, ecc.); quindi affronta i principi teorici che permisero a Vasari di oltrepassare la concezione umanistica fondata sulle «regole». Il principio della «licenza», che supera la distinzione degli ordini architettonici, e la teorizzazione della superiorità della percezione visiva (giudizio) sui calcoli matematici - che consente di raggiungere una grazia superiore - vengono ricondotti alla categoria di «manierismo classico». Non solo. Si mostra che secondo Vasari non esiste una sola perfezione, bensì una molteplicità di perfezioni che consentono all'arte di progredire in direzioni, diverse da quella a cui è arrivato Michelangelo: questa è la più alta solamente perché egli si è limitato a rappresentare l'oggetto più alto della creazione, cioè l'essere umano. Su questo fondamento è stato possibile ricostruire la scala di valori con cui Vasari giudica l'arte, che ha lo scopo di produrre effetti sull'animo dell'osservatore: ne è risultato un coerente sistema di giudizi che giunge al suo culmine con la produzione di «timore e tremore» riservata ad alcune opere eccezionali. Vasari, però, non colloca i capolavori fuori dalla storia; al contrario li inserisce nello spazio e nel tempo e le riferisce al principio della «qualità de' tempi» elaborato dalla storiografia repubblicana fiorentina.