Strana sorte quella di Ermanno Olmi, un autore che ha conosciuto l'altare e la polvere a ritmi quasi regolari. Al trionfo, di critica e di pubblico, del suo secondo lungometraggio (Il posto, 1961) seguono l'insuccesso commerciale de I fidanzati (1963) e la perplessità dei recensori di fronte a E venne un uomo (1965), che sono all'origine di un lungo periodo di semioblio cinematografico-televisivo; nel 1978 arriva l' "inattesa" rinascita con L'albero degli zoccoli, disillusa però dal sucessivo Camminacammina (1983) e da un forzato silenzio per malattia; quindi un altro trionfo, forse meno personale, con La leggenda del Santo Bevitore (1988), subito contraddetto da prove apparse più deludenti; infine, per ora, un nuovo clamore di consensi, compreso quello imprevisto del pubblico, accoglie a sorpresa il "difficile", e personalissimo Il mestiere delle armi. (2001).
Questo libro vuole ripercorrere l'inconsueta carriera di Olmi, mettendo da parte le convenzioni del consenso e i pregiudizi del dissenso e rileggendo con occhi freschi, e sulla base di fresche revisioni, tutta la sua opera, compresa quella poco o per nulla discussa in precedenza: dai cortometraggi d'esordio ai numerosi contributi televisivi. Ne viene anche ripercorsa la fortuna critica e messe a fuoco l'attività di promotore di una scuola sui generis. La parola data a vari collaboratori ci fa rivivere il set dei film olmiani. Una filmografia e una bibliografia particolarmente esaurienti completano il volume.